Papa Francesco indice «uno speciale Anno di S. Giuseppe»
Così recita il Decreto di per concedere particolari indulgenze per l'Anno speciale dedicato a S. Giuseppe, indetto quest'oggi dal Santo Padre Francesco, nel centocinquantesimo anniversario della proclamazione a Patrono della Chiesa universale, con la Lettera Apostolica Patris corde, uno splendido testo nel quale il Papa riflette sulla dimensione evangelica della paternità a cui la Chiesa da sempre è chiamata ad ispirarsi in ogni tempo. Fu il Beato Pio IX con il decreto Quemadmodum Deus, firmato proprio l’8 dicembre 1870, a volere questo titolo per San Giuseppe. Come ricorda Isabella Piro, corrispondente di Vatican News per la Città del Vaticano, «Sullo sfondo della Lettera apostolica, c’è la pandemia da Covid-19 che – scrive Francesco – ci ha fatto comprendere l’importanza delle persone comuni, quelle che, lontane dalla ribalta, esercitano ogni giorno pazienza e infondono speranza, seminando corresponsabilità. Proprio come San Giuseppe, “l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta”. Eppure, il suo è “un protagonismo senza pari nella storia della salvezza”.»
In questa occasione, la Penitenzieria Apostolica ha dato la possibilità di lucrare particolari indulgenze «ai fedeli che reciteranno qualsivoglia orazione legittimamente approvata o atto di pietà in onore di San Giuseppe, per esempio “A te, o Beato Giuseppe”, specialmente nelle ricorrenze del 19 marzo e del 1° maggio, nella Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, nella Domenica di San Giuseppe (secondo la tradizione bizantina), il 19 di ogni mese e ogni mercoledì, giorno dedicato alla memoria del Santo secondo la tradizione latina». Non solo: «Nell’attuale contesto di emergenza sanitaria, il dono dell’Indulgenza plenaria è particolarmente esteso agli anziani, ai malati, agli agonizzanti e a tutti quelli che per legittimi motivi siano impossibilitati ad uscire di casa, i quali con l’animo distaccato da qualsiasi peccato e con l’intenzione di adempiere, non appena possibile, le tre solite condizioni» ossia la Confessione, la Comunione e la Preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice «nella propria casa o là dove l’impedimento li trattiene, reciteranno un atto di pietà in onore di San Giuseppe, conforto dei malati e Patrono della buona morte, offrendo con fiducia a Dio i dolori e i disagi della propria vita.»
Più volte Papa Francesco ha manifestato un suo particolare legame con la figura del grande Patriarca: nel 2015 ebbe a dire alle famiglie riunite nel Mall of Asia Arena di Manila: «Vorrei anche dirvi una cosa molto personale. Io amo molto san Giuseppe, perché è un uomo forte e silenzioso. Sul mio tavolo ho un’immagine di san Giuseppe che dorme. E mentre dorme si prende cura della Chiesa! Sì! Può farlo, lo sappiamo. E quando ho un problema, una difficoltà, io scrivo un foglietto e lo metto sotto san Giuseppe, perché lo sogni! Questo gesto significa: prega per questo problema». La S. Messa di inizio del Ministero Petrino di Papa Francesco si tenne, non a caso, proprio il 19 Marzo 2013. Quest'ultimo gesto del Pontefice arricchisce in maniera significativa il contributo magisteriale sulla figura di S. Giuseppe dei Pontefici dall'Ottocento ad oggi.
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Apostolica Patris corde clicca qui
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Patris Corde, una guida alla lettura
Padre amato, tenero e obbediente
San Giuseppe, infatti, ha espresso
concretamente la sua paternità “nell’aver fatto della sua vita un’oblazione di
sé nell’amore posto a servizio del Messia”. E per questo suo ruolo di “cerniera
che unisce l’Antico e Nuovo Testamento”, egli “è sempre stato molto amato dal
popolo cristiano” (1). In lui, “Gesù ha visto la tenerezza di Dio”, quella che
“ci fa accogliere la nostra debolezza”, perché “è attraverso e nonostante la
nostra debolezza” che si realizza la maggior parte dei disegni divini. “Solo la
tenerezza ci salverà dall’opera” del Maligno, sottolinea il Pontefice, ed è
incontrando la misericordia di Dio soprattutto nel Sacramento della
Riconciliazione che possiamo fare “un’esperienza di verità e tenerezza”, perché
“Dio non ci condanna, ma ci accoglie, ci abbraccia, ci sostiene e ci perdona”
(2). Giuseppe è padre anche nell’obbedienza a Dio: con il suo ‘fiat’ salva
Maria e Gesù ed insegna a suo Figlio a “fare la volontà del Padre”. Chiamato da
Dio a servire la missione di Gesù, egli “coopera al grande mistero della
Redenzione ed è veramente ministro di salvezza” (3).
Padre accogliente della volontà di
Dio e del prossimo
Al tempo stesso, Giuseppe è “padre
nell’accoglienza”, perché “accoglie Maria senza condizioni preventive”, un
gesto importante ancora oggi – afferma Francesco – “in questo mondo nel quale
la violenza psicologica, verbale e fisica sulla donna è evidente”. Ma lo Sposo
di Maria è pure colui che, fiducioso nel Signore, accoglie nella sua vita anche
gli avvenimenti che non comprende, lasciando da parte i ragionamenti e riconciliandosi
con la propria storia. La vita spirituale di Giuseppe “non è una via che
spiega, ma una via che accoglie”, il che non vuol dire che egli sia “un uomo
rassegnato passivamente”. Anzi: il suo protagonismo è “coraggioso e forte”
perché con “la fortezza dello Spirito Santo”, quella “piena di speranza”, egli
sa “fare spazio anche alla parte contraddittoria, inaspettata, deludente
dell’esistenza”. In pratica, attraverso San Giuseppe, è come se Dio ci
ripetesse: “Non abbiate paura!”, perché “la fede dà significato ad ogni evento
lieto o triste” e ci rende consapevoli che “Dio può far germogliare fiori tra
le rocce”. Non solo: Giuseppe “non cerca scorciatoie”, ma affronta la realtà
“ad occhi aperti, assumendone in prima persona la responsabilità”. Per questo,
la sua accoglienza “ci invita ad accogliere gli altri, senza esclusione, così
come sono”, con “una predilezione per i deboli” (4).
Padre coraggioso e creativo, esempio
di amore per Chiesa e poveri
Patris corde evidenzia, poi, “il coraggio
creativo” di San Giuseppe, quello che emerge soprattutto nelle difficoltà e che
fa nascere nell’uomo risorse inaspettate. “Il carpentiere di Nazaret – spiega
il Papa – sa trasformare un problema in un’opportunità anteponendo sempre la
fiducia nella Provvidenza”. Egli affronta “i problemi concreti” della sua
Famiglia, esattamente come fanno tutte le altre famiglie del mondo, in
particolare quelle dei migranti. In questo senso, San Giuseppe è “davvero uno
speciale patrono” di coloro che, “costretti dalle sventure e dalla fame”,
devono lasciare la patria a causa di “guerre, odio, persecuzione, miseria”.
Custode di Gesù e di Maria, Giuseppe “non può non essere custode della Chiesa”,
della sua maternità e del Corpo di Cristo: ogni bisognoso, povero, sofferente,
moribondo, forestiero, carcerato, malato, è “il Bambino” che Giuseppe
custodisce e da lui bisogna imparare ad “amare la Chiesa e i poveri” (5).
Padre che insegna valore, dignità e
gioia del lavoro
Onesto carpentiere che ha lavorato
“per garantire il sostentamento della sua famiglia”, Giuseppe ci insegna anche
“il valore, la dignità e la gioia” di “mangiare il pane frutto del proprio
lavoro”. Questa accezione del padre di Gesù offre l’occasione, al Papa, per
lanciare un appello in favore del lavoro, divenuto “una questione sociale
urgente” persino nei Paesi con un certo livello di benessere. “È necessario
comprendere - scrive Francesco - il significato del lavoro che dà dignità”, che
“diventa partecipazione all’opera stessa della salvezza” e “occasione di
realizzazione” per se stessi e per la propria famiglia, “nucleo originario
della società”. Chi lavora, collabora con Dio perché diventa “un po’ creatore
del mondo che ci circonda”. Di qui, l’esortazione che il Pontefice fa a tutti
per “riscoprire il valore, l’importanza e la necessità del lavoro”, così da
“dare origine ad una nuova normalità in cui nessuno sia escluso”. Guardando, in
particolare, all’aggravarsi della disoccupazione a causa della pandemia da
Covid-19, il Papa richiama tutti a “rivedere le nostre priorità” per impegnarsi
a dire:” Nessun giovane, nessuna persona, nessuna famiglia senza lavoro!” (6).
Padre nell’ombra, decentrato per
amore di Maria e Gesù
Prendendo poi spunto dall’opera
“L’ombra del Padre” dello scrittore polacco Jan Dobraczyński, il Pontefice
descrive la paternità di Giuseppe nei confronti di Gesù come “l’ombra sulla
terra del Padre Celeste”. “Padri non si nasce, lo si diventa”, afferma Francesco,
perché “ci si prende cura di un figlio” assumendosi la responsabilità della sua
vita. Purtroppo, nella società di oggi, “spesso i figli sembrano orfani di
padri”, di padri in grado di “introdurre il figlio all’esperienza della vita”,
senza trattenerlo o “possederlo”, bensì rendendolo “capace di scelte, di
libertà, di partenze”. In questo senso, Giuseppe ha l’appellativo di
“castissimo” che è “il contrario del possesso”: egli, infatti, “ha saputo amare
in maniera straordinariamente libera”, “ha saputo decentrarsi” per mettere al
centro della sua vita non se stesso, bensì Gesù e Maria. La sua felicità è “nel
dono di sé”: mai frustrato e sempre fiducioso, Giuseppe resta in silenzio,
senza lamentarsi, ma compiendo “gesti concreti di fiducia”. La sua figura è
dunque quanto mai esemplare, evidenzia il Papa, in un mondo che “ha bisogno di
padri e rifiuta i padroni”, rifiuta chi confonde “autorità con autoritarismo,
servizio con servilismo, confronto con oppressione, carità con
assistenzialismo, forza con distruzione”. Il vero padre è quello che “rinuncia
alla tentazione di vivere la vita dei figli” e ne rispetta la libertà, perché
la paternità vissuta in pienezza rende il padre stesso “inutile”, nel momento
in cui “il figlio diventa autonomo e cammina da solo sui sentieri della vita”.
Essere padri “non è mai un esercizio di possesso”, sottolinea Francesco, ma “un
segno che rinvia alla paternità più alta”, al “Padre Celeste” (7).
La preghiera quotidiana del Papa a
San Giuseppe e quella “certa sfida”…
Conclusa da una preghiera a San
Giuseppe, Patris corde svela anche, nella nota numero 10, un’abitudine
della vita di Francesco: tutti i giorni, infatti, “da più di quarant’anni”, il
Pontefice recita un’orazione allo Sposo di Maria “tratta da un libro francese
di devozioni, dell’800, della Congregazione delle Religiose di Gesù e Maria”.
Si tratta di una preghiera che “esprime devozione e fiducia” a San Giuseppe, ma
anche “una certa sfida”, spiega il Papa, perché si conclude con le parole: “Che
non si dica che ti abbia invocato invano, mostrami che la tua bontà è grande
quanto il tuo potere”.
(da Vatican News, Il Papa indice l'“Anno di San Giuseppe” dell’8.12.2020)