10 Marzo 1506: la Chiesa madre di Maiori viene eretta ad Insigne Collegiata
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L'Insigne Collegiata tra le case del Rione Campo in un'antica cartolina d'epoca |
La Chiesa di Maiori celebra il 10 febbraio l'anniversario dell'Erezione a Insigne Collegiata, avvenuta per volere di Papa Giulio II nel 1506. Per le rubriche Le pagine del Vita Cristiana e Anniversari ripercorriamo la storia di quell'evento negli articoli dello storico Maiorese Donato Sarno e dell'Archivista di Stato Crescenzo Paolo Di Martino.
Il primo, in occasione del V Centenario dell'evento, ripercorse gli eventi e descrisse le caratteristiche di questo singolarissimo privilegio per la Città di Maiori nel Vita Cristiana di Maiori, N. 3 - 4, Marzo - Aprile 2005, Anno XLVII. Il secondo, a 10 anni di distanza dal Giubileo del 2005, chiarì, per il Vita Cristiana di Maiori N. 5 - 6, Maggio - Giugno 2015, Anno LVII, l'errata interpretazione della Bolla di Erezione: datata 1506 e non 1505. Buona lettura!
LA COLLEGIATA COMPIE 500 ANNI
1505 - 10 MARZO - 2005
Il prossimo giovedì 10 marzo rappresenta una data importantissima per tutti i Maioresi: in quel giorno, infatti, si compiranno esattamente cinquecento anni da quando la nostra Chiesa Madre per singolare privilegio venne eretta a Collegiata da papa Giulio II con apposita sua bolla datata 10 marzo 1505. Gli abitanti di Maiori da tempo desideravano la concessione di qualche speciale titolo in favore del loro principale Tempio, dedicato a Santa Maria a Mare, al fine di accrescerne la dignità e dare lustro alla loro Città, e la bolla pontificia rispose pienamente alle generali aspettative. Essa istituì nella Chiesa Parrocchiale, divenuta Collegiata, un prevosto ed otto canonici elevabili a dodici, costituenti il Capitolo, più quattro diaconi. Al prevosto, messo a capo del Capitolo, fu concesso di celebrare nelle principali feste religiose (Natale, Pasqua, Pentecoste, Corpo di Cristo, Immacolata ed altre feste mariane) con mitra gemmata, pastorale ed altre insegne vescovili, di benedire il popolo e di assolverlo dai casi riservati ai vescovi, nonché di indossare, insieme ai canonici, le stesse mozzette in uso ai canonici delle chiese cattedrali.
La Collegiata venne inoltre completamente esentata dalla giurisdizione dell’arcivescovo di Amalfi e posta alle dirette dipendenze della Santa Sede; il suo mantenimento economico fu assicurato incorporando ad essa le rendite di diverse chiese, a cui nel tempo si aggiunsero ulteriori elargizioni del Comune e dei fedeli. Si trattò dunque di un prestigioso riconoscimento, che mai nessuna chiesa parrocchiale della Costiera aveva fino ad allora ottenuto in tale ampiezza. Esso si rese possibile grazie all’interessamento del nipote di Giulio II, il cardinale Raffaele Sansone Riario, che era all’epoca rettore della Chiesa di Santa Maria a Mare e che appoggiò e sostenne le richieste dei Maioresi. La composizione del Capitolo della Collegiata, decorata del titolo di Insigne, venne in seguito così specificata: un prevosto, quattro dignità (primicerio, cantore, decano ed arciprete), otto canonici e quattro chierici detti ebdomadari.
Da quel lontano 10 marzo 1505 la Collegiata è divenuta il simbolo dell’identità cristiana di Maiori. Nel suo governo in questi cinquecento anni si sono succeduti 29 prevosti, dal primo nominato don Guido de Bonaventuris fino a mons. Nicola Milo, e decine e decine di dignità, canonici ed ebdomadari, che hanno assicurato il servizio divino e la cura delle anime. I più anziani ancora ricordano, tra gli altri, la beneamata figura del prevosto mons. Nicola Giordano, i canonici don Ambrogio Volpi e don Giuseppe Landi, il primicerio mons. Vincenzo Conforti; tutti poi – tranne i giovanissimi – serbano viva la memoria dell’esemplare canonico don Clemente Confalone. Col tempo invero alcuni dei privilegi ottenuti si persero (in particolare l’esenzione dagli arcivescovi di Amalfi, che ad essa da subito si opposero), ma altri, pure tenacemente contrastati, riuscirono a conservarsi, strenuamente difesi dai nostri avi; si persero altresì parecchi dei beni della Collegiata, espropriati dallo Stato dopo l’Unità d’Italia (in alcuni portoni è ancora visibile la mattonella con l’immagine della Madonna contrassegnante le antiche proprietà del Capitolo).
Alla Collegiata restò peraltro sempre strettamente legata la vita, non solo religiosa, del nostro Paese ed il suo edificio, meta continua di fedeli e pellegrini, venne via via impreziosito di diverse opere d’arte fino ad assumere, durante l’Ottocento, l’aspetto grandioso che oggi presenta a seguito di lavori di ristrutturazione ed ampliamento sostenuti economicamente dal Comune e dai Maioresi. Nell’ambito delle manifestazioni in corso di svolgimento per le ricorrenze giubilari il compimento del V centenario per la Collegiata non poteva passare sotto silenzio e pertanto il prossimo 10 marzo sarà giorno di festa per la nostra comunità, annunziato sin dal mattino dal suono a distesa delle campane. Per l’occasione la sera sarà celebrata solenne Messa in suffragio delle anime dei tantissimi sacerdoti defunti che dal 1505 ad oggi hanno svolto il loro ministero in questa Chiesa e quindi sarà innalzato a Dio il canto di ringraziamento del Te Deum. Al termine della funzione religiosa avrà luogo la consegna ufficiale del volume dell’inventario dell’archivio della Collegiata, opera di Crescenzo Paolo di Martino, che ne ha curato il riordino con professionalità e rigore scientifico. L’archivio contiene i documenti prodotti nei suoi cinquecento anni di esistenza dalla Collegiata ed è quindi giusto ed appropriato che proprio il 10 marzo, giorno in cui si fa memoria della sua istituzione, esso sia per la prima volta illustrato dopo la sua compiuta sistemazione. Ai presenti sarà inoltre distribuito il testo integrale latino della bolla di Giulio II con la sua fedele traduzione in italiano a fronte, affinché ognuno possa conoscere l’importante documento che ha segnato la storia della nostra Città.
Donato Sarno
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L'Insigne Collegiata in due cartoline d'epoca |
10 MARZO 1506
E’ QUESTA LA DATA SCIENTIFICAMENTE E STORICAM ENTE ESATTA DELLA BOLLA CON LA QUALE IL PAPA GIULIO II ERESSE L’INSIGNE COLLEGIATA
L’amico Donato Sarno nell’ultimo numero di «Vita Cristiana» ha giustamente ricordato ai Lettori la ricorrenza dell’elevazione di S. Maria a Mare a Insigne Collegiata, rilevando come la chiesa rappresenti il «simbolo dell’identità religiosa e civile di Maiori» e sia un «monumento di fede, di arte e di riscatto civile, da valorizzare e da trasmettere alle future generazioni». Le celebrazioni ricordate nell’articolo nacquero in un momento storico e in un contesto particolare e forse irripetibile. Allo scopo di valorizzare un patrimonio trascurato, spronati dall’esperienza di grazia vissuta durante il Grande Giubileo del 2000, si diede vita a un progetto unitario di recupero dell’identità culturale. Dopo l’inaugurazione del Museo d’Arte Sacra “D. Clemente Confalone”, si pensò di commemorare degnamente tre importanti eventi della storia religiosa locale, «pietre miliari nel cammino di fede» come ebbe a definirli D. Vincenzo Taiani: l’ottavo centenario del ritrovamento della statua di S. Maria a Mare, il primo centenario della costruzione del monumentale organo, da celebrarsi entrambi nel 2004 e il quinto centenario della data tradizionale dell’elevazione a Insigne Collegiata. Per favorire lo svolgimento di attività scientifiche e di ricerca in supporto a tali eventi, l’impegno profuso da D. Vincenzo e dai suoi collaboratori nel realizzare una sala dedicata alla consultazione dei registri parrocchiali e dei documenti d’archivio ha costituito un elemento di fondamentale importanza. In questo ambiente è nato il laboratorio per il riordino e l’inventariazione dell’archivio di S. Maria a Mare, che si articola in due fondi: i documenti della cura parrocchiale (“Archivio parrocchiale”) e le carte di prevosti e canonici (“Archivio capitolare”). Il lavoro di riordino si è protratto per diversi anni e nei prossimi mesi l’inventario dell’archivio sarà edito a cura del Centro di Cultura e Storia Amalfitana. Lo studio delle carte e le ricerche svolte presso l’Archivio Segreto Vaticano, l’Archivio Storico Diocesano presso la Curia arcivescovile di Amalfi, l’Archivio della Badia di Cava de’ Tirreni, l’Archivio di Stato di Napoli e l’Archivio di Stato di Salerno, hanno contribuito a delineare in maniera esaustiva la storia della chiesa, rivelando aspetti ignoti o inaspettati.
Una novità è l’esatta datazione della bolla con cui Giulio II eresse la Collegiata. Tradizionalmente la datazione accettata e tramandata da Filippo Cerasuoli e da tutti gli storici della nostra chiesa è il 10 marzo 1505. Rileggendo con maggiore attenzione il testo del documento è emersa la verità: non si era tenuto conto che la data è espressa secondo lo stile dell’Incarnazione al modo fiorentino, in uso presso la Cancelleria Apostolica. Questo sistema cronologico poneva il principio del computo temporale ab Incarnatione Domini, utilizzando come capodanno il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione, da cui decorrevano i nove mesi della gravidanza della Vergine Maria fino al Natale: per i giorni dal 26 al 31 dicembre l’anno ancora corrispondeva; dal 1 gennaio al 24 marzo, invece, si posticipava di una unità. Per fare un esempio, al 31 dicembre 1505 seguiva il primo gennaio 1505, anche se l’anno comune era il 1506. La situazione restava tale fino al 24 marzo: dal 25 marzo il 1506 era realmente 1506. Essendo la bolla datata «anno Incarnationis Dominicae millesimo quinquagesimo quinto, sexto idus martii», la data esatta è da ricondurre al sesto giorno prima delle Idi di marzo (che secondo l’antico calendario romano cadevano il giorno 15 del mese) dell’anno 1506: il 10 marzo 1506. A convalidare la data concorre anche l’indicazione dell’anno di pontificato di papa Giulio II, «anno tertio», che iniziò il 1 novembre 1505 e terminò il 31 ottobre 1506. Per tale ragione nel 2005 non ricorreva il cinquecentesimo ma il quattrocentonovantanovesimo anniversario della bolla. Il 10 marzo di quell’anno la solenne messa in suffragio delle anime dei prevosti, dei canonici e dei sacerdoti che avevano servito durante i secoli la chiesa e il canto del Te Deum che inaugurava le celebrazioni per il quinto centenario della bolla, furono presiedute da monsignor Nicola Milo, ventottesimo e (per il momento) ultimo prevosto. Nello stesso anno monsignor Milo celebrò anche i sessant’anni di sacerdozio e il 17 agosto serenamente spirò: mi piace immaginare che l’anticipato centenario da lui vissuto e celebrato sia stata la degna conclusione di un ciclo storico e un’onorevole gratificazione concessa all’anziano monsignore dall’imponderabile disegno divino.
Crescenzo Paolo Di Crescenzo
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