La Divina Misericordia nella storia e nel magistero dei Pontefici


È legato a una donna, una suora polacca, il culto spirituale della divina misericordia, rilanciato da papa Wojtyla, e per il quale papa Bergoglio ha voluto una veglia di preghiera.    

Maria Faustina Kowalska, - nata nel 1938 e proclamata santa il 30 aprile 2000 da Giovanni Paolo II - ricevette rivelazioni e visioni, le stigmate, il dono dell'ubiquità e della profezia, il suo Diario spirituale è oggi tradotto in 10 lingue. Nacque nel 1905 nel villaggio di Glogowiec, terza di 10 figli, fin dall'infanzia disse di aver sentito la vocazione religiosa, ma solo a 20 anni, dopo essersi procurata lavorando come domestica la dote e il corredo che a quei tempi erano necessarie per l'ingresso in un monastero, poté entrare nel convento delle suore della Beata Vergine Maria della Misericordia, a Varsavia. Cominciarono così rivelazioni e visioni di Cristo, e il mandato di diffondere il culto per un attributo di Dio, la misericordia, da celebrare ogni anno la prima domenica dopo Pasqua. 

Nel 1935 il suo confessore, padre Michele Soposcko, le consigliò di annotare in un diario visioni ed esperienze soprannaturali. Gravemente malata di tubercolosi, suor Faustina Kowalska morì in fama di santità tre anni dopo, nel 1938, a 33 anni. Il suo diario spirituale, "La misericordia divina nella mia anima", per anni circolò clandestinamente, senza alcuna edizione ufficiale, mal tradotto e in alcuni casi manomesso. 

In assenza di un pronunciamento del Vaticano sull'autenticità delle visioni della suora e in attesa che si facesse chiarezza, il culto della divina misericordia da lei ispirato dal 1958 venne proibito dalla Congregazione per la dottrina della Fede. Il "nulla osta" al culto e alla causa di beatificazione della donna arrivarono solo nel 1979, con l'ascesa al soglio pontificio di Karol Wojtyla che negli anni '40, giovane operaio, sulla strada per la fabbrica della Solvay si fermava a pregare al monastero della suora a Cracovia, dove sono custodite le sue spoglie e venerata l'immagine del Cristo da lei fatta dipingere. Per canonizzarla Giovanni Paolo II accolse il parere dei medici che certificarono la guarigione, inspiegabile dalla scienza, quindi miracolosa per la Chiesa, da una grave patologia cardiaca di un sacerdote americano di origine polacca, Ronald Pittel, guarigione avvenuta nel 1995.

Fonte: Avvenire

Il Signore ci ama con la misericordia

di Salvatore Mazza

Per capire la storia della domenica della misericordia, che si celebra domani, e il perché della sua collocazione temporale alla prima domenica dopo Pasqua, bisogna riandare alla tradizione polacca, a suor Faustina e ai suoi "colloqui con Cristo", che le chiese in più riprese di adoperarsi perché alla misericordia divina fosse dedicato quel giorno in particolare. Cosa che sarebbe poi accaduta con Giovanni Paolo II, nell'ultima decade del secolo scorso. Ma la misericordia divina, contrariamente a quanto – con un brivido d'orrore – capita di leggere qua e là, non è certo una "novità" contemporanea, ma un attributo che appartiene da sempre a Dio. Come disse papa Wojtyla nel 2001 citando la sua Dives in misericordia, «la Croce, anche dopo la risurrezione del Figlio di Dio, "parla e non cessa mai di parlare di Dio-Padre, che è assolutamente fedele al suo eterno amore verso l'uomo... Credere in tale amore significa credere nella misericordia...". Vogliamo rendere grazie al Signore per il suo amore, che è più forte della morte e del peccato. Esso si rivela e si attua come misericordia nella nostra quotidiana esistenza e sollecita ogni uomo ad avere a sua volta "misericordia" verso il Crocifisso. Non è forse proprio amare Dio e amare il prossimo e persino i "nemici", seguendo l'esempio di Gesù, il programma di vita d'ogni battezzato e della Chiesa tutta intera?».

Benedetto XVI, in un'intervista del 2016 col teologo gesuita Jacques Servais, metteva in evidenza come «per me è un "segno dei tempi" il fatto che l'idea della misericordia di Dio diventi sempre più centrale e dominante – a partire da suor Faustina, le cui visioni in vario modo riflettono in profondità l'immagine di Dio propria dell'uomo di oggi e il suo desiderio della bontà divina». «Papa Giovanni Paolo II – continuava Ratzinger – era profondamente impregnato da tale impulso, anche se ciò non sempre emergeva in modo esplicito. Ma non è di certo un caso che il suo ultimo libro, che ha visto la luce proprio immediatamente prima della sua morte, parli della misericordia di Dio. A partire dalle esperienze nelle quali fin dai primi anni di vita egli ebbe a constatare tutta la crudeltà degli uomini, egli afferma che la misericordia è l'unica vera e ultima reazione efficace contro la potenza del male. Solo là dove c'è misericordia finisce la crudeltà, finiscono il male e la violenza».

E papa Francesco? Secondo Benedetto, papa Bergoglio «si trova del tutto in accordo con questa linea. La sua pratica pastorale si esprime proprio nel fatto che egli ci parla continuamente della misericordia di Dio. È la misericordia quello che ci muove verso Dio, mentre la giustizia ci spaventa al suo cospetto... Nella durezza del mondo tecnicizzato nel quale i sentimenti non contano più niente, aumenta però l'attesa di un amore salvifico che venga donato gratuitamente». Un amore immenso, tanto grande che non arriviamo a capirlo; al punto che a forza di ripetere sempre gli stessi peccati, di continuare a cadere, di essere recidivi nello sbagliare ci sentiamo rassegnati, sconfitti. Invece, ha detto Francesco nell'omelia per la Domenica della Divina Misericordia del 2018, il punto è proprio qui: dobbiamo essere «recidivi a chiedere la misericordia», perché il sacramento del perdono non ci lascia come eravamo prima ma ci rende «rinfrancati, incoraggiati, perché ci sentiamo ogni volta di più amati». E «quando, da amati, ricadiamo, proviamo più dolore rispetto a prima. È un dolore benefico, che lentamente ci distacca dal peccato. Scopriamo allora che la forza della vita è ricevere il perdono di Dio, e andare avanti, di perdono in perdono». Rapiti nel mistero della misericordia infinita del Signore.

Fonte: Avvenire


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