L'Ufficio delle "Tebebrae": un antico rito tra liturgia e musica sacra
Nel giorno in cui la Chiesa Cattolica contempla il Cristo morente sulla Croce, diverse sono le forme con cui la Liturgia guida la preghiera dei fedeli. Tra quelle canoniche (differenti da quelle di carattere puramente popolare, quali le processioni penitenziali di Battenti e Gesù morto) la più suggestiva è sicuramente l'Ufficio delle Tenebrae. Di seguito vi proponiamo la lettura di alcuni articoli che collocano questo suggestivo rito all'interno della Storia della Liturgia e i suoi sviluppi nella Musica Sacra. Buona lettura!
Nell’oscurità del Venerdì Santo: l’antica liturgia dell’Ufficio delle tenebre
Una delle tante liturgie meravigliose della Settimana Santa, che non sempre riceve abbastanza attenzione, è il servizio liturgico delle Tenebrae, una liturgia celebrata da cattolici, così come da anglicani, protestanti e alcune Chiese ortodosse
Essenzialmente consiste nel canto della Liturgia delle Ore per gli ultimi tre giorni di Quaresima. Le ore liturgiche del Mattutino e Lodi (Ufficio delle Letture e delle Lodi) per il Giovedi Santo, il Venerdì Santo e il Sabato Santo in genere vengono anticipate alla sera prima e celebrate a lume di candela.
Mattutino e Lodi sono costituiti da salmi, antifone e letture che mettono in risalto i sacri misteri della Settimana Santa. La celebrazione, concentrandosi sulla morte di Gesù, ha un tono triste e solenne.
La Catholic Encyclopedia spiega che “le Lodi seguono immediatamente il Mattutino, che in questa occasione termina con la fine della giornata, per indicare il tramonto del Sole di giustizia… In origine il Mattutino, in questi giorni come in tutte le altre stagioni dell’anno, veniva cantato poco dopo la mezzanotte, e di conseguenza quando si spegnevano le luci l’oscurità era completa”.
In ogni giorno di Tenebrae (Mercoledì Santo, Giovedi Santo e Venerdì Santo) viene acceso uno speciale candelabro triangolare (chiamato “Saetta”) che tradizionalmente regge 15 candele. Durante la liturgia, le candele si spengono una alla volta, dopo il canto dei Salmi.
In alcune versioni dell’Ufficio delle Tenebre, la liturgia è ridotta a sette letture del Vangelo (e sette candele) che rappresentano sette “ombre” della vita di Cristo: l’Ombra del Tradimento, l’Ombra della Negazione, l’Ombra della Solitudine, l’Ombra dell’Accusa, l’Ombra della Sofferenza, l’Ombra della Crocifissione e l’Ombra della Morte.
Una forma anglicana del Tenebrae consiste nel leggere il Libro delle Lamentazioni dalle Scritture Ebraiche, che prefigura la Passione e la morte di Gesù nei canti di cordoglio per la distruzione del Tempio di Salomone.
La candela finale, che rappresenta Cristo, non si estingue, ma di solito viene nascosta dietro l’altare dopo l’ultima lettura biblica. Viene recitata, nell’oscurità, una preghiera finale. In quel momento si sente nella chiesa un forte rumore, chiamato strepitus. Può essere emesso facendo cadere dei libri su un banco o suonando uno strumento ad alto volume, e rappresenta il terremoto che ci fu quando morì Gesù e la confusione che venne dopo. Altri dicono che simboleggia l’azione del rotolare della pietra sulla tomba di Gesù.
La liturgia si conclude nel silenzio e l’ultima candela o viene mantenuta nascosta o viene mostrata nuovamente. I fedeli se ne vanno in silenzio e l’atmosfera è ancora molto triste. È un momento per riflettere sulla morte di Cristo e sull’oscurità che coprì il mondo il Venerdì Santo.
È una parte meravigliosa della Settimana Santa, che proietta i fedeli nella morte di Cristo e rende ancora più drammatica l’accensione delle candele nella notte di Pasqua. Durante il Tenebrae, la chiesa è avvolta nell’oscurità, ma le tenebre non hanno l’ultima parola. In quella stessa oscurità ha inizio la Veglia pasquale, ma la luce di Cristo (simboleggiata dal cero pasquale) caccia via le ombre e l’intera chiesa emana luce quando la candela raggiunge il santuario.
È questa la buona novella della nostra fede: per quanto oscuro il nostro mondo possa farsi, la luce di Cristo vince le tenebre e conduce ognuno di noi alla vita eterna.
Fonte: Aletheia
L'Ufficio delle Tenebrae e i suoi rapporti con la Musica Sacra
L'Ufficio delle Tenebre fu spesso soggetto di partitura: molte sono infatti le parti musicalmente significative, a partire dalle Lamentazioni di Geremia, per seguire con i responsori fino al Benedictus e al celeberrimo Miserere.
In particolare le Lamentazioni, oltre al bellissimo ed elaborato tono gregoriano loro proprio, hanno una storia di partiture polifoniche ininterrotta dal Quattrocento fino agli inizi dell'Ottocento, a volte con titoli diversi, come le Leçons de ténèbres di Couperin o, in un contesto più tardo, non liturgico, i Threni di Stravinskij.
I responsori invece furono messi in musica soprattutto nel periodo successivo al Concilio di Trento.
Degli altri testi, sono stati musicati nel tempo solo il Benedictus e il Miserere, probabilmente perché sono invariati sui tre giorni.
Le più celebri composizioni di musica per Tenebrae (a parte le Lamentazioni spesso messe su spartito a sé) comprendono quelle di G.M. Asola, Gesualdo, Jacob Handl, Lassus, Morales, Pomponio Nenna, Palestrina e Victoria; infatti, mentre le Lamentazioni divennero popolari soprattutto come una forma musicale barocca, la partitura di altri testi della Settimana Santa sembra essere stato in gran parte limitata al periodo della Controriforma.
Il Miserere
Miserere è la prima parola (e quindi, come nell'uso antico, il titolo) nella versione latina dei salmi L, LV e LVI, nonché di una serie di testi liturgici.
Nella storia della musica sacra, il Miserere più importante è senza alcun dubbio il Salmo L (LI nella numerazione ebraica); nel rito romano è cantato il venerdì a Lodi, nell'Ufficio per i defunti e delle Tenebrae, ed è uno dei sette salmi penitenziali.
La sua prima strofa seguita dal Gloria Patri viene cantata con l'antifona Asperges me durante la messa principale le domeniche, tranne nel tempo pasquale. Il canto di questo salmo è inoltre presente da sempre in numerose celebrazioni quaresimali e soprattutto pre-pasquali, specialmente durante le Processioni del Venerdì Santo.
La salmodia gregoriana segue le normali regole della intonazione dei salmi, ma questo testo interessò moltissimo soprattutto i polifonisti nel grande periodo rinascimentale.
L'organico preferito fu quello a doppio coro di 4 e 5 voci, in cui i due gruppi si alternano sia nei versetti che nel cantopiano.
Due manoscritti nella Biblioteca Vaticana comprendono un insieme di 12 Miserere per doppio coro: troviamo così lo spartito di Fabrizio Dentice, Giovanni Pierluigi da Palestrina, Giovanni Francesco Anerio e suo fratello Felice, Giovanni Maria Nanino, Ruggero Giovannelli e di compositori minori e anonimi, per finire con la celebre opera di Gregorio Allegri [di cui nel video in basso è possibili ascoltare l'esecuzione della partitura originale]; l'attribuzione da parte di alcuni autori moderni del primo Miserere di questa serie a Costanzo Festa, con la data 1517, non è unanimemente condivisa. Altre partiture a nove voci, sono nella biblioteca della Cappella Sistina: una di Orlando di Lasso e numerose altre di compositori minori. Spartiti notevoli in uno stile semplice sono quelli di de Victoria (1581) e Gesualdo (1611), stampati nelle loro collezioni di musica per la Settimana Santa. Più elaborata invece una seconda versione di Lasso (Psalmi Davidis poenitentiales, 1584) e anche una di Giovanni Gabrieli (una partitura dei soli primi quattro versi in Sacrae Symphoniae, 1597).
Diversi testi dal Salterio romano cominciano con le parole 'Miserere mihi Domine'; sono presi non solo dai salmi di cui sopra, ma da versi del Salmo IV, VI, XXX e LXXXV. Nella tradizione inglese il più importante è la breve antifona di compieta che continua e si conclude con le parole 'et Exaudi orationem meam' (dal Salmo IV, seconda parte del v.2, nel Salterio romano).
Questo canto diede origine in Inghilterra a una importante tradizione musicale, composta da canti liturgici anonimi e di autori come John Norman e William Byrd, che inserì nelle Cantiones Sacrae del 1575, un elaborato canone non liturgico forse scritto in rivalità con il canonico Miserere Nostri di Thomas Tallis presente nella stessa pubblicazione), nonché da un intero repertorio di opere strumentali.
Ci sono giunte partiture per organo di Kyrton, John Redford, Philip ap Rhys, William Shelbye, E. Strowger e 'Wodson' (forse Thomas Woodson); e, dopo la Riforma, il genere attrasse molti compositori, fra i quali il più famoso fu John Bull. Abbiamo poi partiture per liuto di Alfonso Ferrabosco.
In particolare, Byrd e Ferrabosco scrissero ciascuno 40 partiture canoniche in amichevole rivalità. Furono stampate nel 1603 in una collezione con il titolo Medulla Musicke (Musicae), ma nessuna copia sopravvive; però, le 19 opere canoniche di Byrd che ci sono giunte in manoscritto possono rappresentare una parte del suo contributo.
Fonte: La Sacra Musica