Agosto: mese del cielo, nostalgia di eternità!



Assunzione di Maria Vergine 
Parte frontale del "Panno" tradizionalmente innalzato al centro del Corso Reginna il 5 agosto di ogni anno e lasciato esposto per tutto il Novenario in preparazione alla Festa dell'Assunzione di Maria. Opera di Francesco Ciusa, è la copia della precedente di Manfredi Nicoletti Giuseppe Conforti i quali, a loro volta, ripresero l'immagine del "Panno" originario di Gaetano Capone, andato distrutto nell'Alluvione del 1954. Foto di Giuseppe Proto

Abitare lontani da casa è sempre l’origine di una grande tristezza. Per chi ama i luoghi delle proprie origini, vivere lontano è davvero una grande sofferenza. Lo sa bene chi è dovuto emigrare per garantire alla propria famiglia un adeguato sostentamento e una serena agiatezza, chi è partito per trovare luoghi adatti alla propria realizzazione umana e professionale, chi è “fuori sede”, come gli studenti che hanno cercato nell’oltre quell’antitesi dialettica che pone la crescita dell’individuo. La nostalgia è il sentimento proprio della lontananza: dal greco νόστος (nostos), ritorno, e άλγος (algos), dolore, dunque "dolore del ritorno", dolore per la lontananza dagli affetti più cari, dalle cose essenziali nelle quali abbiamo lasciato un po’ di noi stessi, dai luoghi familiari nei quali ritrovarsi. Eppure, soprattutto nella contemporaneità, non è raro trovare chi di casa natia faccia benissimo a meno, azzeri ogni disagio o sensazione al suo ricordo, assopisca quel sentimento naturale di mancanza di ciò che di più proprio c’è nel cuore umano.

Anche molti Cristiani cedono spesso a questa tentazione. Cittadini del cielo, si pongono nel mero orizzonte della terra e delle umane cose, mortificando la loro naturale dimensione. Il Cristiano autentico vive la terra da cittadino del Cielo, guarda al mondo, alla storia e alla sua prossimità con gli occhi trasfigurati di chi ha sperimentato, nella miseria e nell’angoscia, la grazia del Padre.

Il mese di Agosto può aiutarci a fare esercizio di memoria, a far riemergere la bellezza di sentirci cittadini del Cielo in cammino sulla terra. Alla sua metà, che coincide con il mezzo della bella stagione, la Chiesa ci fa celebrare l’Assunzione della Vergine Maria in anima e corpo in cielo, un invito chiarissimo perché «viviamo in questo mondo costantemente rivolti ai beni eterni» per condividere con lei, prima creatura umana risorta con il Figlio, «la sua stessa gloria» (dalla Liturgia). Quando i nostri occhi si chiuderanno alla visione del mondo, non potremo puntare alla vita beata se non ci saremo sforzati di rendere pura la vita quaggiù, il che non significa vivere da musoni, sempre tristi o con pesanti frustrazioni. Al contrario, vivere in purezza significa contaminare il mondo con la gioia che viene dal sentirci amati da Dio, epurando il nostro modo di pensare dalle logiche del profitto e del tornaconto personale, il nostro modo di vivere dalla dispersione negli oggetti e nelle faccende di poco conto. Se è vero che le nostre azioni sono il frutto dei nostri pensieri, ed essi a loro volta identificano chi siamo e da dove veniamo, il cristiano, civis coelorum, in ogni sua azione deve parlare di cielo, emanando la luce che da esso proviene. Certo, non mancano giorni tristi e nuvolosi, non mancano le cadute, ma il Sole, quello con la maiuscola, non deve mai spegnersi. Solo in questa dimensione, la più vera ed autentica, egli può anche scoprire la sua regalità, al pari di quella di Maria, di cui, sempre in questo mese, ricorre la memoria. Le corone di cui vediamo ornate le immagini pregevolissime della Vergine, alla quale, come ricordava Mons. Giuseppe Imperato, sono dedicate le più importanti chiese della nostra Diocesi, non sono certo da intendere come orpelli di un passato troppo remoto per essere compreso oggi. Al contrario esse ci ricordano che la vera regalità dell’uomo può essere raggiunta solo grazie alla libera adesione alla chiamata del Maestro, rispondendo «Sì» a colui che «ha guardato all’umiltà della sua serva», che abbassa i superbi e innalza gli umili, che in essi opera «grandi cose» (V. di Luca).

In un tempo ancora carico di molte incertezze, legate alla precarietà dettata dalle leggi di un essere invisibile quale il Covid-19, riscopriamo come Chiesa la necessità di porci nell’orizzonte della verticalità, troppo spesso messo da parte sulla scorta di errate e parziali interpretazioni del Magistero del Santo Padre. Già nel lontano 1990 l’allora Card. Joseph Ratzinger al Meeting di Comunione e Liberazione avvertiva: «Uno specchio [la Chiesa ndr] che riflette solamente se stesso non è più uno specchio; una finestra che invece di consentire uno sguardo libero verso il lontano orizzonte, si frappone come uno schermo fra l’osservatore ed il mondo, ha perso il suo senso. Può capitare che qualcuno eserciti ininterrottamente attività associazionistiche ecclesiali e tuttavia non sia affatto un cristiano. Può capitare invece che qualcun altro viva solo semplicemente della Parola e del Sacramento e pratichi l’amore che proviene dalla fede, senza essere mai comparso in comitati ecclesiastici, senza essersi mai occupato delle novità di politica ecclesiastica, senza aver fatto parte di sinodi e senza aver votato in essi, e tuttavia egli è un vero cristiano. Non è di una Chiesa più umana che abbiamo bisogno, bensì di una Chiesa più divina; solo allora essa sarà anche veramente umana. E per questo tutto ciò che è fatto dall’uomo, all’interno della Chiesa, deve riconoscersi nel suo puro carattere di servizio e ritrarsi davanti a ciò che più conta e che è l’essenziale.»

Torniamo dunque ad assaporare la bellezza della nostalgia del Cielo, guardiamo ad esso come inizio e culmine di ogni nostra azione o pensiero, riscoprendo anche la bellezza di una vita terrena nobilmente vissuta, grazie alla quale riceveremo, con «la vita eterna», anche «il centuplo quiggiù» (V. di Matteo)


(Articolo a firma di Francesco Reale ripreso da Incontro per una Chiesa viva, anno XVI - n.7 - Agosto 2020, periodico della Comunità Ecclesiale di Ravello)

Agosto
China su carta di Mario Carotenuto (1981), immagine tratta dal Calendario Gutemberg 2011
Rino Mele
commenta: «L'Assunta. Tiziano, nel 1516, l'ha dipinta vestita di rosso, nella vertigine della gloria (più in alto, Dio Padre a braccia aperte fa l'areoplano), in basso il popolo la cerca, l'affanno delle braccia alzate. Quest'Assunta del calendario è l'ombra bianca del simulacro di una processione, si sente l'urlo dei fedeli addomesticato dal mare»



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