San Valentino: il santo degli innamorati tra storia e leggenda

S. Valentino: da vescovo di Terni a patrono degli innamorati

di Arnaldo Casali

È venerato in tutto il mondo, tanto dai cattolici quanto dagli ortodossi e dagli anglicani come santo martire, taumaturgo, e in qualche caso protettore degli animali (come a Bussolengo, in provincia di Verona), degli agrumeti (a Vico del Gargano) o addirittura degli epilettici (a Monselice in Veneto, dove l’epilessia si chiama “Mal de san Valentin” e nel giorno del santo vengono distribuite delle piccole chiavi – che un tempo venivano messe in bocca durante gli attacchi per impedire il taglio della lingua).

Niente ha a che fare invece, almeno sotto il profilo storico e religioso, con gli innamorati.


San Valentino da Terni, decapitato il 14 febbraio del 273 sulla via Flaminia, viene celebrato in ogni angolo dei cinque continenti, restando – paradossalmente – del tutto sconosciuto e misterioso.

E non è strano: in fondo deve la sua popolarità solo alla coincidenza con la festa degli innamorati, totalmente pagana (deriva infatti dai Lupercali, ricorrenza dedicata alla fertilità). Potremmo dire quindi che Valentino condivida, in qualche modo, il destino di San Silvestro, Santo Stefano e San Lorenzo, figure senza dubbio ignote a chi festeggia il giorno a loro dedicato.

A differenza di san Lorenzo, che non è mai stato patrono delle stelle cadenti, o di San Silvestro, che certo non viene invocato come protettore dei giocatori di tombola, Valentino raccoglie però attorno alla sua tomba a Terni ogni anno centinaia di coppie di fidanzati e le chiese che vantano le sue reliquie vedono arrivare in continuazione lettere che chiedono la benedizione del Santo sul proprio amore.

Ciò che sappiamo in realtà della figura storica di Valentino è molto poco: la più antica testimonianza che abbiamo su di lui è contenuta nel Martirologio geronimiano, scritto nel V secolo, mentre all’VIII secolo risale la Passio Sancti Valentini che narra la tortura, la decapitazione notturna e la sepoltura a Terni da parte dei suoi discepoli.

A Roma, un insegnante di greco, Cratone, ha un figlio afflitto da una terribile malattia alle ossa che ha incurvato il suo corpo fino a fargli finire la testa tra le ginocchia. Un amico di Cratone gli riferisce che un suo fratello affetto dallo stesso male, è stato guarito da Valentino, vescovo di Terni.

Giunto a Roma, Valentino si rende disponibile a curare Cerimone ma chiede la conversione al cristianesimo di Cratone. Poi si chiude in una stanza tutta la notte con il giovane Cerimone, pregando con lui. All’alba Cerimone esce dalla stanza completamente guarito. Cratone e tutta la sua famiglia si convertono quindi al cristianesimo, e con loro anche gli allievi di Cratone, tra cui figurano Procolo, Efebo, Apollonio e il figlio del prefetto di Roma Furioso Placido. Il quale – furioso di nome e di fatto – fa arrestare di notte Valentino e lo fa decapitare sulla via Flaminia. Procolo, Efebo e Apollonio, però, ne recuperano il corpo e lo seppelliscono a Terni, in un antico cimitero sopra il quale sorge oggi la basilica di San Valentino.

Il fatto che, secondo la Passio Valentino sia stato ucciso di notte e in un luogo segreto, lascia pensare infatti che non si trattasse di un’esecuzione ma di un agguato. Avvenuto, quindi, non durante le persecuzioni, ma in un’epoca in cui il cristianesimo era stato legalizzato.

Ad avvalorare questa tesi sia il nome di Furio Placido, che figura come prefetto a Roma dal 342 al 347, sia la presenza – nella cronotassi dei vescovi di Terni – di un Valentino II, anch’egli santo, impegnato nella lotta contro l’eresia ariana tra il 520 e il 533.
Come il primo, anche Valentino II è stato ucciso, e come il primo anche lui ha avuto come successore un vescovo chiamato Procolo. Coincidenze che lascerebbero pensare ad un vero e proprio “duplicato”, la cui creazione non può essere né smentita né confermata vista la totale assenza di documenti riguardanti la chiesa ternana dei primi secoli.
Intanto a Roma si è consolidato il culto parallelo di un altro Valentino, non vescovo di Terni ma prete romano, anche egli decapitato sulla via Flaminia il 14 febbraio ma nell’anno 269 e sepolto nelle catacombe di San Valentino, da cui alcune reliquie sono state poi portate nella chiesa carmelitana di Dublino.Distrutta ancora dagli ungari, poi dai normanni e infine dai saraceni, la basilica viene ricostruita ancora una volta e affidata ai monaci benedettini. Poi viene abbandonata ad un progressivo degrado fino a quando, nel 1605, il vescovo Giovanni Antonio Onorati, discepolo di Cesare Baronio, promuove una campagna di scavi per riportare alla luce la tomba di San Valentino e ordina la costruzione di una nuova basilica affidata poi ai frati carmelitani.

Come detto, la tradizione colloca il martirio di Valentino il 14 febbraio del 273, ma gli studi più recenti – esposti da Emore Paoli nel corso di un convegno che si è svolto a Terni nel 2010 e ribaditi, sempre a Terni, nella giornata di studi promossa dal Comune il 6 febbraio 2016 – hanno ipotizzato uno spostamento della data di morte almeno di un secolo.

Quel che è certo, però, è che il culto di San Valentino a Terni è antichissimo: sulla sua tomba già nel IV secolo era stata costruita una chiesa, distrutta dai Goti nel VI secolo e ricostruita nel VII. Proprio nella basilica di San Valentino avviene – nel 741 – lo storico incontro tra Liutprando, re dei Longobardi e papa Zaccaria con cui, attraverso la Donazione di Sutri – ha inizio lo Stato della Chiesa.

Tra le molte teorie elaborate per giustificare questo sdoppiamento, quella più comunemente accettata – elaborata negli anni ’90 – ritiene che si tratti in realtà dello stesso personaggio il cui culto si è sviluppato in modo diverso nelle due città alle quali il santo si era, per qualche motivo, legato. Secondo l’ipotesi più recente, invece, il Valentino romano era un presbitero, compagno dei martiri romani Maris e Marta e il culto del Valentino ternano, avrebbe in qualche modo acquisito le dimensioni cronologiche di quello romano. Il vescovo ternano vissuto tra il IV e il VI secolo, quindi, sarebbe stato “ricollocato” al tempo del Valentino romano approfittando della totale assenza di riferimenti cronologici nella Passio.

Nel frattempo, comunque, decine di città in tutto il mondo hanno iniziato a rivendicarne le reliquie: tra queste Sasso Corvaro in provincia di Urbino, Savona, Sadali in Sardegna, Belvedere Marittimo in Calabria, Vico del Gargano, Ozieri vicino Sassari, Torre d’Arese e Abriola, in provincia di Potenza, oltre che la stessa Dublino.

Particolarmente interessante è il caso di Bussolengo, in provincia di Verona: qui si trovano infatti le più antiche raffigurazioni di San Valentino, al quale è dedicata una chiesa edificata nel Medioevo, e che è patrono della città.

Nella chiesa di Bussolengo sono presenti ben tre cicli di affreschi sulla vita di San Valentino, oltre che un busto in legno e numerosi dipinti, di cui molti medievali. Il culto del santo sembra sia stato portato – nel XIV secolo – dalla confraternita dei disciplinati, nata proprio in Umbria. Grazie poi ad un miracolo avvenuto nel XVIII secolo, Valentino a Bussolengo è diventato anche il patrono del bestiame.

Sono proprio gli affreschi di Bussolengo a testimoniare il fatto che nel Medioevo il san Valentino vescovo di Terni è già conosciuto e venerato in tutta Europa, ma non ha ancora nessun legame con gli innamorati: i tre cicli presenti nella chiesa, infatti, ne raccontano la vita e il martirio senza alcun riferimento a matrimoni celebrati dal martire. Riferimenti di cui avremo tracce, invece, a partire dal XVII secolo e in ambiente anglosassone.


William Shakespeare cita la festa di San Valentino nell’Amleto, all’interno di una filastrocca recitata da Ofelia durante la sua follia. E proprio in Inghilterra, non a caso, nascono leggende romantiche come quella secondo cui il santo aveva riappacificato una coppia di innamorati che stavano litigando, donando loro una rosa. A dimostrare come l’Ottocento romantico abbia diffuso ormai ovunque il culto di Valentino come patrono degli innamorati, è infine la stessa vetrata della basilica di Terni, restaurata nel 1854, che raffigura proprio il celebre episodio della rosa donata ai fidanzati.

Le altre leggende, che vogliono Valentino originario di Terni e appartenente ad una famiglia aristocratica, eletto vescovo ancora giovanissimo (a 22 anni secondo alcuni, a 27 secondo altri) arrivandone a datare la nascita nel 175 e la morte a 98 anni, si sviluppano tra il XVII e il XVIII secolo, quando Valentino diventa ufficialmente il patrono di Terni.

Fino al 1646, infatti, il santo si contendeva la protezione della città di Terni con San Procolo (suo successore) e sant’Anastasio (vescovo di Narni e Terni dal 649 al 653). Poi il governo dello Stato Pontificio, per ridurre i giorni festivi, aveva stabilito che ogni città dovesse scegliere un solo patrono principale: a Terni era scoppiata una lotta senza quartiere tra Valentino – sostenuto dal Comune – e sant’Anastasio, sepolto nella Cattedrale e sostenuto dal clero. Era stato proprio il voto decisivo dei carmelitani a decretare la vittoria di Valentino, proclamato ufficialmente patrono principale di Terni il 3 luglio 1647.

Divenuto quindi patrono e simbolo stesso della città e in particolare della sua aristocrazia laica, Valentino viene ridisegnato anche nelle leggende come santo ternano (a differenza di tutti gli altri patroni, e degli stessi altri vescovi di Terni, quasi sempre “missionari” arrivati da fuori) e di origini nobili.

La leggenda che vuole Valentino ordinato vescovo da san Feliciano, patrono di Foligno, è stata diffusa invece, e non caso, sempre nel XVII secolo ma da storici folignati.

La più celebre delle storie che legano il santo agli innamorati, quella di Sabino e Serapia (sorta di Romeo e Giulietta ante litteram: soldato romano lui, cristiana ternana lei, ostacolati nel loro amore dalle rispettive famiglie, uniti in matrimonio da Valentino e morti insieme subito dopo) è nata infine addirittura a metà del Novecento, ispirata da una tomba bisoma rinvenuta nella necropoli delle acciaierie a Pentima (e oggi esposta al Museo Archeologico) datata in realtà al 900 a.C.

D’altra parte la particolarità – e in fondo il fascino – del santo dell’amore è proprio quella di avere una leggenda in continuo sviluppo ed evoluzione: a testimoniarlo la più recente ad essere diffusa, secondo cui sarebbe stato lui stesso innamorato: lanciata appena due anni fa da un libro, è stata già ripresa da un musical e da un film.

Un’ipotesi, peraltro, paradossalmente molto verosimile, visto che al tempo di Valentino i vescovi – come i preti – erano sposati, e proprio nel cimitero paleocristiano che si trova sotto la basilica di San Valentino a Terni è stata ritrovata una lapide funeraria intitolata ad una “venerabilis femina” definita “episcopa”, perché moglie del vescovo.

Fonte: Festival del Medioevo



Perché San Valentino sia considerata la festa degli innamorati non è chiarissimo. Il 14 febbraio era il giorno di questo santo cattolico – sulla cui storia, come per molti altri santi, non si sanno molte cose – prima che si decidesse di ricordarlo come patrono degli innamorati: probabilmente avvenne intorno al Quattordicesimo secolo, nell’Inghilterra delle corti e dei cavalieri, e potrebbe entrarci Geoffrey Chaucer, l’autore di I racconti di Canterbury. La scelta di San Valentino per questo ruolo potrebbe essere stata dettata dal fatto che proprio intorno al 14 febbraio, nell’antica Roma, si celebravano i Lupercalia, una festa legata alla fertilità.

San Valentino rimase un santo tutto sommato poco interessante fino al basso medioevo, quando Geoffrey Chaucer scrisse di “antiche leggende” (probabilmente inventate da lui stesso) in cui San Valentino veniva associato a racconti che avevano a che fare con amanti o altri fatti amorosi. Insomma, Chaucer recuperava San Valentino – o almeno questa è la teoria più diffusa – per trasformarlo nel santo dell’amor cortese che proprio in quegli anni cominciava a diffondersi tra l’aristocrazia europea. A quel punto storie e leggende sugli atti di San Valentino a favore degli amanti si moltiplicarono. In un post sul suo blog, Leonardo Tondelli ha immaginato un dialogo con San Valentino in cui ha raccontato proprio questa parte della sua storia (consiglio: vale la pena leggerselo tutto):

“Vede, ci sono diverse teorie, anzi, forse lei potrebbe aiutarci a capire. Secondo alcuni restituì miracolosamente la vista alla figlia di un suo carceriere, si ricorda qualcosa?”
“Vagamente. Pregai per lei, mi pare”.
“E alla fine le scrisse una lettera, firmandosi: Tuo Valentino. Le risulta?”
“Ma sta scherzando? Un vescovo di Santa Romana Chiesa? A una vergine? Ma chi è che mette in giro delle infamie del genere? Sono scandalizzato e umiliato!”
“Ma no, ma perché… ma lei non sa di quanto è fortunato, invece… preferirebbe essere il patrono degli agrimensori? Degli affetti da scoliosi? Sono carini gli innamorati”.
“Un anziano vescovo, che ha onorato per tutta la vita i sacri precetti della Chiesa, e poi…”
“Secondo un’altra teoria, riappacificò due innamorati facendoli circondare da uno stormo di piccioni tubanti”.
“Non riesco a immaginare niente di più stupido”.

Può darsi che San Valentino divenne San Valentino soltanto perché la sua festa cadeva nei giorni in cui i romani pagani festeggiavano l’amore in maniera piuttosto discinta. Grazie a Chaucher questa tradizione è rimasta legata soprattutto al mondo anglosassone. Dal Regno Unito è arrivata negli Stati Uniti, dove nel corso dei secoli è stata istituzionalizzata e commercializzata, fino a far sparire quasi completamente la figura del misterioso santo e lasciare tutto il resto.

Nei paesi anglosassoni la stessa parola “valentina” indica le lettere d’amore che si scambiano il 14 febbraio. La prima testimonianza dell’uso di questa espressione però è in un documento scritto in francese: una lettera in cui il duca e poeta Carlo d’Orléans, detenuto nella Torre di Londra dopo la sconfitta alla battaglia di Agincourt nel 1415, si rivolgeva alla moglie chiamandola appunto così.

Fonte: Il Post 

Murale di Ezra Winter del 1939 presente nella Biblioteca del Congresso (Washinghton) raffigurante i pellegrini di Canterbury


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