Dantedì e l'Annunciazione: il Sommo contempla Maria

Per il Dantedì 2021, nel settecentesimo anniversario della morte del Pellegrino dell'Eternità, proponiamo la lettura dei due articoli a firma di Maria Sole Bionaz, pubblicati sul Blog Il Centuplo in occasione dei primi due Dantedì, nei quali l'autrice riflette sulla relazione tra l'Annunciazione, solennità odierna, e la Giornata nazionale dedicata al sommo poeta. Un coincidenza, come la definisce la scrittrice, «provvidenziale». Buona lettura!

Annunciazione e Dantedì: un collegamento “provvidenziale” già spiegatoci nel canto XXXIII del Paradiso

Philipp Veit, L'Empireo, Villa Massimo. Roma
25 marzo 2020, Dantedì e anche … solennità dell’Annunciazione del Signore. E così non vi è giornata migliore per provare a confrontarci con i bellissimi versi che Dante dedica alla Vergine nel XXXIII canto del Paradiso, mettendo in bocca a san Bernardo di Chiaravalle una splendida preghiera.

Il compito non è tra i più facili e oggi per me è una giornata un po’ storta, ma, visto che per tutti l’isolamento comincia a farsi sentire e che non potrebbe esserci giorni migliore per gioire nella Grazia di Dio, ho deciso di di tirare su di morale me e voi.

Questo è, dunque, ciò che Dante fa dire a san Bernardo (con una mia parafrasi di massima):

“Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ’l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridïana face
di caritate, e giuso, intra ’ mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz’ ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.”

O, Madre Vergine, figlia di tuo figlio,
umile e insieme più nobile di qualunque creatura,
punto fermo nel progetto di Dio,
tu sei colei che ha reso così degna la natura umana
che il Creatore accettò di farsi creatura.
Nel tuo grembo si è riacceso l’amore
che con il suo calore, qui, nella pace eterna,
ha fatto germogliare questo fiore [la Rosa dei beati].
Qui tu sei per gli angeli e i santi una fiaccola di Carità
luminosa come il Sole e sulla Terra, per i mortali
sei una viva fontana di Speranza.
O donna, sei così importante e vali così tanto
che chiunque desideri una grazia senza ricorrere a te
spera che il suo desiderio raggiunga Dio senza ali.
La tua benevolenza non soccorre soltanto
chi chiede, ma molte volte
precede spontaneamente la richiesta.
In te la misericordia, in te la pietà,
in te la munificenza, in te si raccoglie
qualunque buona dote sia nelle creature.

Gustave Dorè, Canto XXXIII - Paradiso
Il canto XXXIII si apre dunque con una lunga preghiera, di cui questo brano è solo una parte e si chiude con l’estatica visione di Dio, una delle più geniali invenzioni letterarie di Dante. Il punto su cui voglio soffermarmi è proprio questo: Dante loda la Vergine prima di mostrarci Dio. Detto così sembra forse un po’ blasfemo, ma facciamo un passo indietro di qualche canto.

Nel canto XXVIII Dante assiste all’ascesa all’Empireo di Cristo e, subito dopo, a quella di Maria e dei beati. La Madonna passa davanti a Dante e Beatrice senza degnarli di uno sguardo, presa com’è a seguire il proprio Figlio.

Quindi Dante ci mostra per la prima volta Maria intenta a fare quello che fanno tutte le mamme: star dietro ai propri figli.

Maria è quella che, nonostante il Figlio in questione avesse già 30 anni, ha avuto per prima il coraggio di dare il via agli eventi che lo avrebbero portato sul Golgota, spronandolo a compiere il primo miracolo a Cana. Maria, però, è anche quella che ha cullato Gesù neonato, che – come ogni mamma – avrà curato con un bacio le prime sbucciature. Anche in Paradiso, dunque, Maria sta silenziosamente un passo dietro suo Figlio e porta con sé tutte le anime verso la Gloria di Dio.

Cominciamo quindi a capire perché Dante ci parli di Maria prima ancora che di Dio. Maria è colei che ha attuato sulla Terra il progetto di Dio, colei che sola, poiché concepita senza peccato, avrebbe potuto accogliere il Salvatore, ma Maria era anche una ragazzina di 14 o 15 anni che ha volontariamente scelto di accettare (altrimenti non avrebbe avuto il libero arbitrio) un compito enorme e, così facendo, ha scelto di farsi rappresentante di tutta l’umanità (l’avvocata nostra).

La Vergine è perciò la creatura più nobile di tutte, quanto di più simile all’umanità nel momento della Creazione, prima del Peccato Originale, e questa è la sua perfezione terrena. Tra le creature celesti, invece, è colei che più di tutte ha mantenuto la sua umanità, nel senso più bello e grande del termine. Perché in Cielo Maria è diventata la Mamma di tutti, quella che ci ascolta e ci conforta, quella che parla di noi al Padre perché ci perdoni e ci aiuti. Dio le ha dato questo ruolo e questo potere: essere la nostra intermediaria, attraverso il Figlio.

Me la vedo, Maria, che ancora sussurra all’orecchio di Cristo, come a Cana, raccontandogli le nostre miserie e, poiché parlare al Figlio equivale a parlare al Padre, ecco che Dio accoglie le sue richieste e i suoi consigli di Madre.

E una Madre così è una vera forza, direbbero i giovani. È una di quelle madri che intuiscono le pene dei figli anche mezz’ora prima che questi trovino il coraggio di parlarne e le pene che deve gestire Maria sono un po’ diverse dalla prima cotta. Eppure lo fa, lo ha fatto e continuerà a farlo perché Maria, prima di tutto è amore materno perfetto e infinito, che non si arrabbia se qualche figlio si allontana, ma lo aspetta paziente per riportarlo al Padre, che aspetta con lei, ma, come tutti i padri, sembra sempre un po’ troppo burbero e inavvicinabile. Certo, rimane una creatura, ma la creatura che ha generato il proprio creatore, che lo ha cresciuto e amato e che, quindi, ancora oggi può permettersi qualcosa di più nei suoi confronti, per aiutare anche noi, figli minori e scapestrati.

Questo è il motivo per cui Dante presenta Maria prima della Trinità. Perché affidarsi a Lei è mezzo sicuro per raggiungere Dio. Perché, se Maria prepara i nostri occhi e apre i nostri cuori, possiamo contemplare rafforzati la grandezza di Dio.

Giovanni di Paolo, L'ombra d'Argo, British Library
Oggi celebriamo dunque la solennità che ha reso possibile tutto questo, il giorno in cui una ragazzina ignara dei dolori e delle bellezze della vita ha preso sulle proprie spalle il peso del futuro dell’umanità pronunciando la più piccola delle parole: “Sì!”. E ancora una volta ringraziamo anche Dante che, con le sue splendide parole, ci ha permesso di svelare un pezzetto del mistero di Maria.

Che abbiano istituito il Dantedì proprio il 25 marzo sarà certo un caso, ma un provvidenziale caso! 


E se Dante fosse un nuovo Gabriele pronto ad annunciare Maria?

Come tutti sanno, Dante immagina di compiere un doloroso e faticoso viaggio nell’Aldilà durante la Settimana Santa del 1300 e lo racconta in tre cantiche (Inferno, Purgatorio, Paradiso), per un totale di 99 canti più uno introduttivo al poema nel suo complesso. Poiché Dante-personaggio compie questo viaggio in nome di tutti gli uomini, portandoli con sé in un cammino che deve portare alla presa di coscienza del peccato e delle sue conseguenze, ma anche alla liberazione da esso e alla salvezza, è ovvio che le tre cantiche siano attraversate dalla presenza di Dio, un Dio implacabile e imponderabile nell’esercitare la giustizia, ma anche un Dio capace di soccorrere i propri figli in difficoltà. Meno noto è, probabilmente, il fatto che, a partire dal canto XXIII del Paradiso, la figura dominante nel cammino di salvezza di Dante è la Madonna (che in realtà è già citata nel canto II dell’Inferno, insieme a Lucia e Beatrice, per aver voluto che Virgilio soccorresse Dante).

Non c’è blasfemia in questo: la Madonna non è superiore a Dio; il suo ruolo, però, è diverso. Nonostante alcune delle feste mariane e i dogmi riguardanti Maria siano divenuti ufficiali all’interno della Chiesa cattolica in tempi piuttosto recenti (Immacolata Concezione nel 1854 e Assunzione nel 1950), la devozione a Maria è antichissima e risale ai primordi della Chiesa. Il motivo è semplice: pur nella sua perfezione, Maria è – perfettamente – umana; Maria è una di noi; Maria ci capisce; Maria è madre e conosce la sofferenza. Quasi spontaneamente, quindi, già i primi Cristiani cominciarono a rivolgersi a lei proprio come si farebbe con la mamma per ottenere qualcosa dal papà, certi che si sarebbe fatta portavoce e mediatrice in favore dei propri figli. Proprio in questo senso Dante ha bisogno di lei al termine del suo viaggio: nonostante Beatrice (che per lui rappresenta la teologia), nonostante san Bernardo (notoriamente grande devoto della Vergine), Dante non potrebbe avere nemmeno una fugace visione della Trinità, se non fosse Maria stessa a guidare e sostenere il suo sguardo.

Maria è presenza delicata e silenziosa (come in vita) per tutta la Commedia. Come detto, è una delle tre donne che mandano Virgilio in soccorso di Dante, ma è anche colei il cui nome viene celebrato nel XX del Purgatorio come esempio di generosità. In buona sostanza la figura di Maria si fa lentamente strada nel corso del poema, diventando sempre più presente man mano che Dante si avvicina all’Empireo, dove lei sarà pronta a sostenerlo nella prova definitiva. Ci sono, però, due passi in particolare che possono ricollegare il Dantedì all’Annunciazione.

Il primo si trova nel canto X del Purgatorio (vv 34-45). In questo canto sono puniti i superbi e, sulla parete interna della cornice su cui essi si trovano, sono scolpiti grandi esempi di umiltà. Il primo di questi (non in senso cronologico, perché alcuni sono precedenti, bensì per importanza) è proprio la scena dell’Annunciazione. Dante dice di vedere, come se l’avesse davanti:

L’angel che venne in terra col decreto
de la molt’anni lagrimata pace,
ch’aperse il ciel del suo lungo divieto.

L’Annunciazione è dunque il momento in cui Dio concede agli uomini una pace implorata da tempo e con essa apre loro del porte del Paradiso, ma questa pace non sarebbe stata possibile, se Maria non avesse accettato (“Ecce ancilla Dei”) di essere colei ch’ad aprir l’alto amor volse la chiave. La salita del Purgatorio, il vero e proprio inizio del cammino di espiazione, inizia quindi per Dante sotto l’egida di Maria, così come era iniziato (seppur in modo più indistinto) per opera di Maria anche il cammino di presa di coscienza del peccato dell’Inferno.

Beato Angelico, Annunciazione del Signore

L’Annunciazione è, però, il momento in cui Dio si fa carne nel grembo di Maria, quindi nel Paradiso, canto in cui la poesia si fa solenne al massimo grado e vengono affrontati i punti più difficili della teologia e della fede cristiane, arriva il momento di spiegare perché l’Incarnazione sia stata necessaria per salvare definitivamente gli uomini. Nel VII canto (e poi anche nel XXVI) Dante spiega che Dio ha dovuto far incarnare e poi morire il proprio Figlio per consentire agli uomini di redimersi dal peccato originale perché tale atto in sé era stato così oltraggioso che mai gli uomini, con le proprie sole capacità, avrebbero potuto umiliarsi altrettanto e ottenere così il perdono. Certo, questo passo è incentrato sull’Incarnazione e la Passione di Cristo, ma non dimentichiamo che nulla di questo sarebbe stato possibile senza il “sì” di Maria, quel “sì” che fa sgorgare dal cuore di san Bernardo la splendida preghiera alla Vergine che apre il XXXIII canto (quello che si chiuderà con la – fugace – visione della Trinità). Qui di Maria si dice (vv 1-21):

Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
[…]
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ’l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
[…]
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz’ ali.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.

Il canto in cui Dante “conosce” Dio si apre quindi in realtà con una lode a Maria, colei che ha accettato di soffrire le doglie del parto e il dolore della morte del figlio (attesa e temuta per 33 anni) affinché Dio diventasse Uomo per la salvezza degli uomini. Questo è il ruolo che Maria non ha mai cessato di ricoprire: farsi carico del dolore per lenirlo, per aiutare, per salvare i suoi figli, per perorare le loro cause agli occhi e alle orecchie di quel Dio di cui ha accettato di essere ancella.

Ecco, dunque, che non c’è contrapposizione tra il profano Dantedì e la sacra Annunciazione. Dante ha celebrato la santità di Maria in tutta la Commedia. Maria, esplicitamente nominata o meno, lo protegge con il suo mantello dal primo passo verso l’Inferno all’ultimo sguardo verso la Trinità e protegge noi con lui. Ricordare Dante il 25 marzo non può dunque che portarci a pensare – anche – alla gloria di Maria, che ha permesso a Dante di partire e tornare per donarci quello scrigno prezioso che è la Divina Commedia.        

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