«La Risurrezione» di Manzoni: l’inno del credente alla vita eterna

Per la rubrica Poesia e fede proponiamo il commento del giovane poeta Luigi Reale alla Risurrezione tratta dagli Inni Sacri di Alessandro Manzoni. Una lettura che lega tra loro i molteplici aspetti del componimento, del quale, in basso, si propone l'interpretazione dell'attore Gino Caiafa insieme con l'esecuzione dello stesso testo musicato da Mons. Luciano Migliavacca ed eseguito dalla Cappella Musicale del Duomo di Milano.

Pieter Paul RubensResurrezione di Cristo, 1616 circa
Palazzo Pitti, Firenze

La Risurrezione di Manzoni: l’inno del credente alla vita eterna 

di Luigi Reale

È risorto: or come a morte
La sua preda fu ritolta?
Come ha vinto l’atre porte,
Come è salvo un’altra volta
Quei che giacque in forza altrui?
Io lo giuro per Colui
Che da’ morti il suscitò,
 
È risorto: il capo santo
Più non posa nel sudario;
È risorto: dall’un canto
Dell’avello solitario
Sta il coperchio rovesciato:
Come un forte inebbriato
Il Signor si risvegliò.
 
Come a mezzo del cammino,
Riposato alla foresta,
Si risente il pellegrino,
E si scote dalla testa
Una foglia inaridita,
Che, dal ramo dipartita,
Lenta lenta vi ristè:
 
Tale il marmo inoperoso,
Che premea l’arca scavata
Gittò via quel Vigoroso,
Quando l’anima tornata
Dalla squallida vallea,
Al Divino che tacea;
Sorgi, disse, io son con Te.
 
Che parola si diffuse
Tra i sopiti d’Israele!
Il Signor le porte ha schiuse!
Il Signor, l’Emmanuele!
O sopiti in aspettando,
È finito il vostro bando:
Egli è desso, il Redentor.
 
Pria di Lui nel regno eterno
Che mortal sarebbe asceso?
A rapirvi al muto inferno,
Vecchi padri, Egli è disceso:
Il sospir del tempo antico,
Il terror dell’inimico,
Il promesso Vincitor.
 
Ai mirabili Veggenti,
Che narrarono il futuro,
Come il padre ai figli intenti
Narra i casi che già furo,
Si mostrò quel sommo Sole,
Che, parlando in lor parole,
Alla terra Iddio giurò;
 
Quando Aggeo, quando Isaia
Mallevaro al mondo intero
Che il Bramato un dì verria;
Quando assorto in suo pensiero,
Lesse i giorni numerati,
E degli anni ancor non nati
Daniel si ricordò.
 
Era l’alba; e, molli il viso,
Maddalena e l’altre donne
Fean lamento sull’Ucciso;
Ecco tutta di Sionne
Si commosse la pendice,
E la scolta insultatrice
Di spavento tramortì.
 
Un estranio giovinetto
Si posò sul monumento:
Era folgore l’aspetto,
Era neve il vestimento:
Alla mesta che ’l richiese
Diè risposta quel cortese:
È risorto; non è qui.
 
Via co’ palii disadorni
Lo squallor della viola:
L’oro usato a splender torni:
Sacerdote, in bianca stola,
Esci ai grandi ministeri,
Tra la luce de’ doppieri,
Il Risorto ad annunziar.
 
Dall’altar si mosse un grido:
Godi, o Donna alma del cielo;
Godi; il Dio, cui fosti nido
A vestirsi il nostro velo,
È risorto, come il disse:
Per noi prega: Egli prescrisse,
Che sia legge il tuo pregar.
 
O fratelli, il santo rito
Sol di gaudio oggi ragiona;
Oggi è giorno di convito;
Oggi esulta ogni persona:
Non è madre che sia schiva
Della spoglia più festiva
I suoi bamboli vestir.
 
Sia frugal del ricco il pasto;
Ogni mensa abbia i suoi doni;
E il tesor, negato al fasto
Di superbe imbandigioni,
Scorra amico all’umil tetto,
Faccia il desco poveretto
Più ridente oggi apparir.
 
Lunge il grido e la tempesta
De’ tripudi inverecondi:
L’allegrezza non è questa
Di che i giusti son giocondi;
Ma pacata in suo contegno,
Ma celeste, come segno
Della gioia che verrà.

 Oh beati! a lor più bello
Spunta il sol de’ giorni santi;
Ma che fia di chi rubello
Torse, ahi stolto! i passi erranti
Nel sentier che a morte guida?
Nel Signor chi si confida
Col Signor risorgerà.
    

La Risurrezione di Manzoni si colloca fra gli Inni sacri, componimenti poetici che offrono la lettura di una fede vera e autentica al pari del cristianesimo delle origini, una fede dunque vissuta secondo la parola evangelica, sciolta da ogni forma di esteriorità. Negli Inni sacri, che intendono narrare le origini e le caratteristiche delle feste più note e celebrate dal popolo cristiano, Manzoni scrive prendendo in considerazione il modo con cui la sua interiorità si avvicina all’evento liturgico scelto: tuttavia, la dimensione soggettiva dell’inno si trasfigura facilmente nella realtà corale e comunitaria dei credenti in Cristo. I lettori possono dunque identificarsi senza alcuna difficoltà con l’io lirico, con la sensibilità del poeta che interpreta con un linguaggio nuovo, chiaro e semplice l’evoluzione dell’evento narrato. La scelta da parte di Manzoni di ricorrere ad un linguaggio semplice deriva dalla volontà del poeta di rivolgersi all’animo di ogni credente, di rivolgersi a fedeli di ogni estrazione sociale affinché gli elementi costitutivi della predicazione di Cristo, quali la carità, la fratellanza, l’uguaglianza universale, raggiungessero tutti senza alcuna distinzione. 

I modelli presi in considerazione da Manzoni nella stesura degl’Inni sacri sono senz’altro i Laudesi e gli Inni ciclici di Prudenzio, l’innografia ecclesiastica medioevale e la precedente tradizione lirica religiosa. I suoi testi presentano comunque degli elementi innovativi: gli eventi più importanti della storia del cristianesimo vengono inquadrati con chiari riferimenti all’Antico e al Nuovo Testamento, presentati come un graduale raggiungimento della dimensione luminosa e salvifica di Cristo, atteso dall’antichità. Egli, subendo la passione, ha raggiunto le più alte sfere di un sacrificio che ha reso possibile la redenzione di un mondo sopito che attendeva un messaggio che fosse in grado di destarlo, di sconvolgere e di rivoluzionare la realtà del mondo antico. Il testo poetico si compone di sedici strofe di ottonari in alternativa all’endecasillabo, rendendo così la parola poetica più sciolta e più vicina al sentimento religioso popolare.

La scelta del verso ottonario, come è possibile notare leggendo l’Inno, rende ulteriormente l’idea di eccezionalità legata alla Resurrezione: Cristo si risveglia e si desta, vincendo la morte e spalancando le porte a chi crede in Lui verso la vita eterna. Nell'espressione: "Come un forte inebriato il Signor si risvegliò" è evidente un riferimento al Salmo 77 che, come evidenzia il Binni, "dà al sonno mortale di Cristo un senso di tranquillo riposo".

Importante il paragone fra la pietra tombale divelta dal sepolcro e la foglia caduta che sembra rinascere e rinvigorirsi: l’immagine delle foglie viene adoperata nella poesia antica (ad esempio nei poemi omerici, nei frammenti dei lirici greci Semonide, Bacchilide e Mimnermo) e sarà rievocato da autori del Novecento come Ungaretti (noto il componimento Soldati: “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”) per evidenziare la precarietà della vita umana e l’ineludibile destino di oblio e di morte che spetta a tutti gli esseri viventi, ma Manzoni sembra adottare nuovamente questa immagine capovolgendone il fine e mostrando come l’impossibile possa avverarsi tramite Cristo, autore e protagonista di infinite metamorfosi e conversioni interiori.

Manzoni prende in considerazione poi i profeti, quindi personaggi dell’Antico Testamento che attendevano e invitavano il popolo d’Israele ad attendere il Messia. Poi, procede con la narrazione dell’apparizione dell’angelo alle donne che si sono recate al sepolcro. L'angelo, attraverso l'impiego del diminutivo e del termine arcaico estranio, è presentato nel suo sovrumano candore. "Estranio" può significare sia "straniero" sia "strano", "mirabile", cioè "diverso" e non appartenente alla sfera dell'umano. Non viene qui sottolineata la forza con la quale egli ha fatto rotolare la pietra sepolcrale, ma la leggiadria con la quale si posa sul sepolcro in un gesto quasi etereo, inconsistente ed impercepibile ai sensi umani. Inoltre, le descrizioni delle impressioni luminose che l'aspetto dell'angelo suscita completano il quadro di una visione estatica e miracolosa.

Nell’ iconografia della Resurrezione compare spesso, anziché l’immagine di Cristo Risorto, l’angelo che annuncia alle donne il lieto evento e che indica loro il sudario nel sepolcro vuoto. Si tratta di un retaggio della Chiesa Ortodossa che permane nell’arte di diverse epoche, come è possibile notare dalle illustrazioni qui proposte. La tradizione bizantina medita ancora, nella Terza domenica dopo Pasqua, sul mattino della Resurrezione, e lo fa da un punto di vista del tutto particolare: come ricorda il sinassario si ricorda in quella domenica non soltanto la memoria di Giuseppe di Arimatea e di Nicodemo ma anche quella delle donne mirofore. Il termine "mirofora" significa "portatrice di mirra", e con esso ci si riferisce alle donne delle quali i Vangeli testimoniano la presenza sul Golgota e alle quali viene rivolto il primo annuncio della risurrezione.

Successivamente, lo sguardo del poeta si rivolge alla liturgia che rende presente e perenne il mistero della Redenzione, ma si posa anche sulla quotidianità della vita, sui gesti d'ogni giorno che, rivestiti della gioia della Risurrezione del Signore, rivestono anch'essi carattere di sacralità e lode a Dio: secondo il critico Luigi Russo, la fede espressa nella poesia del Manzoni è "quella del dogma spogliato del suo contenuto dottrinale e vissuta nel mistero di tutti i giorni e di tutte le ore". È evidente il riferimento di Manzoni ad una lettera di San Paolo ai Corinzi: "E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre."

L’inno si conclude con la certezza della vita insita nel cuore del credente che ha fede in Cristo che, come si legge nel Vangelo di Giovanni, è la Via, la Verità e la Vita.



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