L'8 Settembre e la Traslazione della Statua della Madonna Avvocata a Maiori

Antica e miracolosa Statua della Madonna Avvocata, fregiata da due corone d'oro dal Capitolo Vaticano nel 1743, traslata nella Collegiata di S. Maria a Mare l'8 Settembre 1808.

L’8 settembre, data in cui la Chiesa celebra Festa della Natività della Beata Vergine Maria, Maiori onora la Madonna Avvocata nell’anniversario della traslazione avvenuta nel 1808 dell’antica e miracolosa Statua dal Monte Falesio alla Collegiata di S. Maria a Mare a seguito delle leggi napoleoniche che sancirono la soppressione degli ordini monastici, compreso quello Camaldolese che aveva in cura il Santuario sopra Maiori. Per la rubrica “Le pagine del Vita Cristiana” riproponiamo un articolo a firma dello storico Donato Sarno per il Vita Cristiana di Maiori (N. 9 - 10 settembre - ottobre 2008 Anno L) che ripropone le suggestioni del triste e mirabile evento di cui in quell’anno ricorreva il secondo centenario. Buona lettura!

 

SECONDO CENTENARIO DELLA TRASLAZIONE DELLA MIRACOLOSA STATUA DELLA MADONNA AVVOCATA DAL MONTE FALESIO ALL’INSIGNE COLLEGIATA DI MAIORI

 Come molti ben sanno, in Collegiata si conserva la miracolosa statua lignea cinquecentesca della Madonna Avvocata col Bambino. Essa, dopo essere stata venerata per più secoli sul monte Falesio, fu portata in detto tempio l’8 settembre di duecento anni fa esatti, a motivo dei tristi eventi che si erano verificati e che ci accingiamo a ripercorrere a due secoli di distanza. Durante il Settecento, nell’ambito di quella corrente di pensiero denominata illuminismo, si era da più parti sostenuto che lo Stato avrebbe dovuto eliminare con apposite leggi i vari Ordini religiosi, ingiustamente ed ingenerosamente tacciati ed accusati di essere covi di gente oziosa e di parassiti, retaggio ormai superato di secoli bui e nemici del progresso e della civiltà.

A tale programma politico venne data sistematica attuazione prima in Francia con la rivoluzione del 1789 e poi in diverse nazioni d’Europa conquistate dagli eserciti francesi: i conventi furono soppressi d’autorità, passando in proprietà del fisco unitamente ai loro beni - che essi avevano ricevuto nel corso dei secoli dalla pietà dei fedeli -, e furono quindi chiusi o destinati ad altri usi, mentre i monaci ne erano allontanati a viva forza. Anche nel Regno di Napoli, dopo che le armate di Napoleone Bonaparte nel 1806 vi ebbero intronizzato il di lui fratello Giuseppe, iniziò la graduale soppressione degli Ordini religiosi ed i primi ad esserne colpiti, con regio decreto del 13 febbraio 1807, furono quelli appartenenti alle Regole di San Bernardo e di San Benedetto.

Grandi furono il dolore e lo sgomento dei Maioresi al diffondersi della notizia, perché tra i conventi di cui si ordinava perentoriamente la chiusura immediata era ricompreso quello dei monaci Camaldolesi del monte Falesio, lì operanti da oltre un secolo ed oggetto di universale apprezzamento della popolazione per i loro austeri costumi e per l’ospitalità offerta ai pellegrini.

La chiusura del convento determinò la chiusura pure della chiesa della Madonna Avvocata, fino ad allora officiata da quei monaci, e la cessazione in essa del pubblico culto: sul posto fu installata una guarnigione militare francese, il che non impedì danneggiamenti agli edifici e sottrazioni di vari beni, tra cui alcuni libri della ricca biblioteca del convento, tant’è che dopo non molti anni rimasero superstiti solo pochi ruderi. In tale situazione era oltremodo inopportuno che restasse in una chiesa ormai abbandonata e posta ben lungi dal centro abitato la statua cinquecentesca in legno della Vergine Avvocata, la quale era d’altronde assai venerata dai fedeli, per aver nel 1626 trasudato e lacrimato miracolosamente e per molte portentose guarigioni operate. Pertanto le autorità religiose e civili di Maiori, secondando il desiderio generale della popolazione, chiesero ed ottennero nel 1808 dal nuovo Re Gioacchino Murat il permesso di poterla trasportare con la dovuta solennità nell’Insigne Collegiata di Santa Maria a Mare. Quale data per la traslazione della statua dal monte Falesio alla Collegiata fu scelto volutamente l’8 settembre 1808, in quanto giorno della Natività della Beata Vergine, ed affinché dell’evento restasse “perpetua rimembranza ai posteri” fu incaricato di redigere in pari data pubblico atto “di cronica narrazione” il notaio Giovan Domenico Venosi di Maiori, che volentieri si prestò ad esserne “stipulatore per particolare ... divozione” sua, senza richiedere alcun compenso professionale.

Il notaio, dopo aver succintamente ripercorso la storia della chiesa e del convento, ebbe cura di attestare che i Maioresi, da sempre devotissimi della Madonna, organizzarono la cerimonia con gran pompa e senza badare a spese, “onde trasportata si fosse colla massima decenza tal Sacra Statua dall’Eremo suddetto in questa Insigne Collegiata come nuova desiderata sua sede”; anche il Comune di Maiori, con deliberazione del 7 settembre 1808, volle dare un suo contributo, nella misura di ducati 18 e grana 82. Una apposita commissione, guidata dall’Ebdomadario don Rinaldo Aurisicchio e composta da parecchi seminaristi - tra cui l’allora quindicenne Filippo Cerasuoli, futuro notaio, sindaco e celebre storico - si recò sul monte Falesio, dove, nel primissimo mattino dell’8 settembre 1808, in presenza “di molto popolo colà accorso”, tolse dalla chiesa del soppresso convento il sacro simulacro e con esso si avviò scendendo lungo la mulattiera che porta a Maiori “con lumi accesi”. Quando il corteo arrivò in vista del paese, e precisamente poco più giù di San Vito nel luogo ancor oggi detto “le Croci”, la statua dell’Avvocata venne posta su di “un maestoso Trono” che era stato appositamente preparato, salutata dalle “campane a gloria, e con generale sparo di mortaretti, cannoncini, e schioppi”.

A riceverla “con ogni riverente plauso” presso il trono c’erano “le due Congregazioni di Santa Maria del Carmine, e di San Giacomo apostolo”, con i loro caratteristici abiti ed insegne, ed i numerosi ecclesiastici all’epoca presenti a Maiori, e cioè “i Reverendi Padri Domenicani, e Francescani”, i Parroci di San Pietro, Santa Maria delle Grazie, Vecite e Ponteprimario, i “Sacerdoti semplici” senza cura d’anime e l’intero Capitolo della Collegiata, vale a dire il Prevosto don Gaetano Greco, il Primicerio don Marino Citarella, le altre Dignità, i Canonici e gli Ebdomadari, tutti “vestiti in forma, e con candele accese”. Dal trono la miracolosa effigie fu quindi calata processionalmente “dall’asprezza de’ monti” verso Maiori “col canto de’ Salmi, e con musica Salernitana” e fatta girare “sotto il pallio per le principali strade” addobbate a festa, tra il suono delle campane e lo sparo continuo di fuochi d’artificio, seguita da una innumerevole folla in preghiera, “col concorso di Ufficiali militari civici, e soldati francesi” e della guardia “civica”.

Dopo aver sostato nella chiesa delle Clarisse e nella chiesa di San Domenico, la statua della Madonna Avvocata giunse in Collegiata. Poiché tutti gli altari di tale chiesa erano già “di varie Sacre Immagini occupati”, “l’Illustre Signor Marchese di Monterosso Don Filippo Mezzacapo” aveva di buon grado “condesceso ... a potersi per sempre collocare” detta statua “nell’altare, e cappella gentilizia di sua famiglia sotto il titolo di San Giuseppe”, posti lungo la navata laterale nei pressi dell’attuale sagrestia, che all’epoca (siamo prima dei lavori di capovolgimento della Collegiata) era la “casa prepositurale”. Il Marchese aveva perciò ordinato di togliere il quadro di San Giuseppe e aveva fatto costruire al suo posto e “a sue spese una nicchia di stucco colorato”; il suo casato d’altronde era da sempre stato zelantissimo del culto mariano sul Falesio e principale protettore e benefattore dei monaci Camaldolesi. E in tale cappella, “apparata sontuosamente di veli, e panni di seta, e con lumi di cera in gran copia”, ed all’interno di detta nicchia venne alfine collocata e riposta la portentosa statua della Madonna Avvocata “dopo lungo giro nella prefata Collegiata ... con voci di sommo giubilo”.

A seguire, sul detto altare gentilizio, verso mezzogiorno, il Cantore don Michele Venosi, fratello del notaio Giovan Domenico, celebrò una Messa cantata, “accompagnata da musici a tal solenne funzione invitati, e  coll’assistenza del Reverendissimo Capitolo, del Regio Governadore” dottor Bonaventura Barone, di “Don Guido Mezzacapo, de’ Marchesi di Monterosso, e Don Alberto Cito attuali comandanti della Civica”, del Vice Sindaco Domenico Aurisicchio, di alcuni Decurioni (gli odierni consiglieri comunali) – tra cui Andrea Cerasuoli, padre del già ricordato Filippo - e del notaio medesimo, “oltre il concorso d’innumerabile Popolo dell’interno, e de’ Paesi convicini”.

Insieme alla statua non fu possibile avere le due corone d’oro con cui essa era stata fregiata dal Capitolo Vaticano nel 1743, perché purtroppo entrambe incamerate dallo Stato al pari di altri oggetti preziosi, ma pochi anni dopo, e precisamente il 30 maggio 1814, lunedì di Pentecoste, grazie all’interessamento del Canonico don Gregorio Paciani ed alle elemosine dei fedeli, la Vergine e il Bambino furono incoronati con due corone d’argento lavorate a Napoli.

La giornata dell’8 settembre 1808 fu comunque – come la definì il notaio Venosi – una giornata “memoranda”, e per tutto il suo corso si continuò “a festeggiare una tal solennità con lumi, sparo artificiale, canti, e suoni in onore dell’Altissimo, e della Beatissima Vergine Maria”, mentre tutti ringraziavano “con vive, e divote espressioni il Sommo Dio della traslazione di sì glorioso Simulacro dal predetto abolito Eremo nel distretto di questa Città, tenendola perciò da oggi in avanti per loro speciale Avvocata, e protettrice, sperando benignarsi accettare i voti, e preghiere de’ divoti cristiani, per dispensar ad essoloro grazie salutari colla di lei continua protezione”.

Anche negli anni successivi la devozione verso la Vergine Santissima sotto il titolo dell’ Avvocata non venne mai meno: l’antica statua è rimasta in Collegiata, ma a fine del XIX secolo i Maioresi con la loro tenacia ricostruirono in Suo onore la chiesa ed il convento sul monte Falesio, ove continuano a salire migliaia di pellegrini al grido di “Evviva Maria”, implorando con fede l’efficace patrocinio di Colei che, coprendo, qual Madre amorosissima, le miserie di ognuno col manto della misericordia, perora la nostra causa presso il suo Divin Figlio e c’impetra infinite grazie.

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Questa sera in Collegiata, ore 19, S. Messa Solenne presieduta da Don Nicola Mammato e canto del Magnificat.



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