Il culto della Madonna Avvocata

Il lunedì di Pentecoste è, per le Comunità che costellano la Costa d'Amalfi, consacrato alla Vergine Maria, venerata sull'alto Monte Falerzio, sopra Maiori. 
Per le rubriche Le pagine del Vita Cristiana Le nostre tradizioni, andiamo alle origini del caratteristico Culto alla Vergine attraverso un interessante quadro storico tracciato dallo Storico Donato Sarno per il Vita Cristiana di Maiori, N. 5 - 6, Maggio - Giugno 2014Anno LVI. Buona lettura!

Il culto alla Madonna Avvocata


di Donato Sarno

Giovedì 21 aprile 1485, a poco più di due settimane dalla Pasqua (caduta quell’anno il 3 aprile), si presentarono a Maiori innanzi ad Antonio de Campino, pubblico notaio per autorità regia ed apostolica, tre uomini, accompagnati da grande seguito, per stipulare un contratto. Due di loro erano molto noti ed importanti: più precisamente, uno era l’Arcivescovo di Amalfi monsignor Andrea de Cunto e l’altro era don Pinto Staibano, Abate del monastero benedettino di Santa Maria de Olearia, allora ancora popolato da monaci e funzionante. La terza persona era invece un semplice pastore di 35 anni, nativo di Ponteprimario, destinato però a divenire assai conosciuto, in vita, dopo morte e fino ai nostri giorni: trattasi di Gabriele Cinnamo, che in quello stesso anno, essendogli la Madonna apparsa col titolo di Avvocata in una grotta sul monte Falesio, aveva, su invito di Lei, lasciato il gregge e preso l’abito di eremita coll’intento di vivere lì in preghiera. Motivo del contratto era proprio l’apparizione, giacché i luoghi in cui essa era avvenuta (sia la grotta che i boschi circostanti) erano di proprietà del detto monastero di Santa Maria de Olearia. 

Il notaio, dopo aver costituito le parti, registrò la dichiarazione di Gabriele Cinnamo, qualificato come religioso ed eremita benedettino (“religioso viro fratre Gabriele de Cennamo de Majoro ordinis Sancti Benedicti heremitorum”): con essa fra Gabriele manifestava il proposito di ritirarsi in romitaggio e di condurre vita eremitica “ubi dicitur ad Falezo soprano", costruendo ivi con l’aiuto dell’Onnipotente e della Vergine una chiesa “sub vocabulo Sanctae Mariae dela Advocata” con alcune celle per sé e per altri eremiti che avessero voluto seguirlo, ed a tal fine chiedeva all’Abate Staibano, al cui monastero i luoghi appartenevano, che gli fosse accordato in modo caritatevole e benigno (“caritative et benigne”) il permesso di realizzare tutto ciò. La risposta dell’Abate - pure registrata dal notaio - fu pienamente affermativa: la richiesta poteva di buon grado trovare accoglimento, poiché l’intento perseguito era sicuramente apprezzabile e l’opera, lungi dal ledere i diritti del suo monastero, andava a lode di Dio e della Madonna. Venne pertanto stipulato un contratto con cui egli concesse in en¿teusi ed in perpetuo sia la grotta sia i boschi limitrofi. L’enfiteusi era uno strumento giuridico a quei tempi utilizzato di frequente, che aveva il pregio di assicurare al concessionario una ampia facoltà di godimento, in cambio di un canone o censo annuo in denaro o in natura da versare al concedente. A fra Gabriele e agli eremiti suoi successori, in quanto enfiteuti, i detti beni furono perciò trasferiti “in dominio, possessione et potestate”, con diritto di edificare la chiesa e le celle, abitarvi, seminare, raccogliere i frutti e tagliare legna per loro uso personale, “libere et sine impedimento et contradicione”. Il censo dovuto fu convenuto in una libbra di cera lavorata (pari a poco più di 300 grammi), da corrispondersi ogni anno all’Abate del monastero di Santa Maria de Olearia nel giorno dell’ottava di Pasqua. Non essendo possibile, per la lontananza dei luoghi, l’immissione - contestualmente al contratto - di Gabriele Cinnamo nel possesso reale e corporale dei beni concessi, questa ebbe luogo, simbolicamente e come per antica tradizione di origine longobarda, “per fustem”, ossia mediante la consegna, dall’Abate a lui e davanti al notaio, di un ramoscello d’albero. Dal momento che l’en¿teusi era ¿nalizzata ad un preciso scopo di culto, l’Abate si attribuì il diritto di espellere dai luoghi le persone che in futuro non vi avessero condotto vita eremitica secondo le regole e precisò che i beni e gli edi- ¿ci costruiti sarebbero automaticamente tornati in possesso del monastero di Santa Maria de Olearia qualora fossero venuti meno gli eremiti e ¿no a che non ne fossero arrivati altri. Il notaio redasse il contratto in più esemplari e, come allora di prassi, interamente in latino, inserendo altresì con minuzia tutte le clausole di rito previste dal diritto dell’epoca a tutela dei diritti e degli obblighi delle parti, le quali prestarono quindi al suo cospetto “pro majori observancia” il giuramento sui Santi Evangeli. Alla stipula intervenne anche l’Arcivescovo di Amalfi. Egli, apponendo a conferma la Sua sottoscrizione, diede in merito il suo pieno e gradito assenso e dichiarò espressamente che l’atto tendeva all’incremento della religione; inoltre, affinché fossero quanto prima costruite la chiesa “sub vocabulo Sanctae Mariae dela Advocata” e le celle per gli eremiti, concesse 40 giorni di indulgenza a tutti i fedeli che, pentiti e confessati, avessero cooperato all’edificazione o contribuito ad essa con elemosine. Il contratto - che si conserva presso l’archivio arcivescovile di Amalfi e che è stato tempo fa trascritto da padre Vincenzo Criscuolo - si chiude con 1’indicazione dei testimoni, che furono diversi (alcuni anche forestieri), probabilmente per il particolare valore della concessione. Tra essi, oltre al Decano della Cattedrale di Amalfi don Alessandro Salato, che nel 1497 fu nominato Vescovo di Minori, vanno ricordati, perché tutti di Maiori, il laico Ambrogio Russo ed i sacerdoti don Troiano de Blancha, don Angeluccio Imperato, don Andreuccio Cerasuolo, don Renzo Siccoda, don Giacomo Farina e don Cosimo Cumbalo, che in seguito divenne Prevosto della Collegiata. In virtù dello stipulato contratto di en¿teusi, fra Gabriele poté così attuare quanto aveva lodevolmente in animo, costruendo un altare nella grotta, una chiesa ed un eremo, che accolse altri sette eremiti, e diffondendo col suo zelo la devozione alla Vergine tra la popolazione. Dal 21 aprile 1485 sono passati moltissimi anni, tante cose sono cambiate a Maiori, ma di questo antico contratto “mariano” il principale effetto, che è il culto alla Madonna Avvocata, non è certo venuto meno. Tuttora infatti, nella grotta dell’apparizione e nella sovrastante chiesa sul monte Falesio, continuano a salire ogni anno migliaia e migliaia di persone, le quali, ricordando la ¿gura del pastore/eremita Gabriele Cinnamo, pregano la Madre di Dio e cantano ripetutamente con fede “Evviva Maria e chi la creò”.

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